La Coscienza di Zeno, pubblicato nel 1923, è il romanzo più noto di Italo Svevo e una delle opere fondamentali della narrativa italiana del Novecento. Il libro si presenta come una serie di memorie scritte da Zeno Cosini su suggerimento del suo psicoanalista, il dottor S., con l'intento di curare una nevrosi. Fin dalle prime pagine, però, il lettore è avvertito che questi appunti non sono del tutto affidabili: Zeno racconta la propria vita filtrandola attraverso l'ironia, l'autoinganno e una continua oscillazione tra sincerità e menzogna. Il romanzo ripercorre alcuni nuclei centrali dell'esistenza del protagonista: il rapporto conflittuale con il padre, la dipendenza dal fumo e l'ossessione dell'"ultima sigaretta", il matrimonio con Augusta scelto quasi per caso, l'amore tormentato per Ada e l'esperienza nel mondo degli affari. Ogni episodio è analizzato da Zeno come se fosse un caso clinico, ma le sue riflessioni rivelano più confusione che chiarezza, mostrando l'incapacità del protagonista di dominare davvero se stesso. Svevo costruisce un personaggio profondamente moderno: Zeno è indeciso, contraddittorio, malato non tanto nel corpo quanto nella coscienza. La psicoanalisi, invece di portare alla guarigione, diventa uno strumento narrativo per mettere in scena l'inafferrabilità dell'io. La malattia, nel romanzo, finisce per apparire come una condizione comune a tutta l'umanità, mentre la presunta "salute" risulta un'illusione fragile. Nel celebre finale, Zeno allarga la sua riflessione dalla propria vita a quella del mondo intero, immaginando un'umanità incapace di fermare il proprio impulso distruttivo. Italo Svevo (1861-1928), pseudonimo di Aron Ettore Schmitz, fu uno scrittore triestino inizialmente poco riconosciuto, la cui opera venne valorizzata grazie all'appoggio di James Joyce. Con La coscienza di Zeno, Svevo introdusse nella narrativa italiana una nuova attenzione alla psicologia, all'influenza dell'inconscio e alla crisi dell'uomo moderno.