Godersi le escursioni, il silenzio della natura, la salita alle vette: sarebbe bello, se non ci fossero turisti ovunque! Dopo lo choc collettivo della pandemia, il turismo di massa - vera e propria "industria" di questo primo quarto di secolo, per investimento di capitali e posti di lavoro che genera - è tornato a plasmare non solo le destinazioni classiche o esotiche, ma anche le regioni alpine e i loro delicati equilibri naturali. Il fenomeno globale dell'overtourism, del resto, ha accelerato un processo apparentemente irreversibile: la messa in scena di un "falso autentico" per un immaginario sempre più stereotipato e condizionato dalla sua riproducibilità fotografica, lo sfruttamento indiscriminato di risorse e di manodopera perlopiù straniera, l'antropizzazione selvaggia e priva di barriere. È soprattutto nel turismo di montagna che si riflettono le trasformazioni della società occidentale, nonché l'odierna logica del turboconsumo e i suoi meccanismi di alienazione individuale e sociale. In un simile contesto, come può essere declinato in modo etico e sostenibile l'insaziabile desiderio umano di viaggiare, la perenne nostalgia di un altrove?
Selma Mahlknecht ci offre un'analisi lucida, ironica, a tratti impietosa, di un tema di stringente attualità, sviscerandone le più profonde incoerenze e certe paradossali implicazioni. Un tema che riguarda il nostro stesso stile di vita, il presente e il futuro di tutti noi.